Indice delle parti già pubblicate:
1. Prima parte – Situazione attuale
1.4 La via nonviolenta oggi: due scenari
Cosa abbiamo di fronte, dunque, per una via nonviolenta oggi?
Ribadiamo come prima cosa la necessità dello studio:
- approfondimento dei fondamenti della nonviolenza politica,
- lettura degli scritti di maestri come Gandhi, Aldo Capitini, Danilo Dolci, e altri (vedi bibliografia per spunti di lettura)
- molto interessante visto quanto detto finora è anche la ricerca di esempi di azioni nonviolente messe in atto da popolazioni non protette dal Diritto, esempi sia storici che contemporanei.
Ad esempio, la resistenza nativa prosegue ancora oggi in diverse aree geografiche: negli ultimi anni, seri abusi perpetrati dal WWF contro i pigmei, allo scopo di destinare le loro terre alla “conservazione”, sono stati efficacemente denunciati e fermati con la collaborazione di Survival International ma anche con la pertinacia della popolazione colpita.
Gli omidici mirati di ecoattivisti in Sudamerica non fermano le comunità nel loro instancabile lavoro di difesa e (vera) conservazione.
Nel chiapas il movimento zapatista ha elaborato importanti vie di r-esistenza nonviolenta e comunitaria.
In India, decine di migliaia di contadini fronteggiano da anni la violenza statale, in modo organizzato e dichiaratamente nonviolento, pagando un alto prezzo in termini di vite umane.
Sono esempi importanti di per sé, al di là della riuscita immediata, perché danno la consapevolezza che una lotta è possibile, che si può osare e agire anche nelle peggiori condizioni. Sono esempi che generano speranza non solo in un mondo migliore, ma nella possibilità stessa di una lotta, nella sua esistenza e persistenza.
“Anche senza speranza” scriveva Romain Rolland “la lotta è già una speranza”. È un concetto che, crediamo, dovrà diventare sempre più importante anche per noi oggi.
Speranza a parte, resta il fatto che siamo davanti a uno scenario nuovo per noi “occidentali”.
Oltre alla degradazione del Diritto, e alla trasformazione dei diritti in premi da meritare con l’obbedienza, in questo momento fronteggiamo la possibilità sempre più concreta di un aggravamento della situazione bellica.
Con questo cupo scenario davanti agli occhi, ci sembra di poter individuare alcuni fronti di possibile intervento nonviolento, che portino a una qualche efficacia misurabile delle azioni, e che non mettano a repentaglio l’incolumità di chi voglia realizzarli. Questi fronti corrispondono a due scenari diversi, che potremmo denominare: “del prima e del dopo il giro di vite” .
Cos’è “il giro di vite”?
È la conseguenza di un allargamento del conflitto bellico (ucraino o mediorientale, sono sempre più correlati) che venga a coinvolgere direttamente e pesantemente l’Italia.
Pensiamo a una leva; a un attacco sul nostro territorio da parte di una potenza contrapposta (vista la nostra collaborazione attiva in entrambi i conflitti è una possibilità verosimile); a un pesante peggioramento delle condizioni di vita dato da razionamenti o blocchi energetici.
Ognuna di queste eventualità implica, appunto, un “giro di vite”: una ulteriore stretta autoritaria e mediatica, in stile legge marziale o stato di guerra.
Ma il “giro di vite” può anche essere conseguenza di qualcosa di diverso, al quale potremmo essere ancora meno preparati, e che per questo va incluso nell’orizzonte degli eventi: un successo.
Abbiamo già assistito a qualcosa del genere: nel momento in cui una popolazione reagisce all’oppressione del comparto tecno-industriale statunitense che ci domina, ad esempio con il voto a movimenti “antisistema”, si mette in moto una pesante macchina controffensiva, fatta di propaganda, di misure punitive, di punizioni… fino ad arrivare ad atti di sedizione come le “rivoluzioni arancioni”, che la CIA ha orchestrato, servendosi di legittime aspirazioni delle popolazioni stesse, e vendendo a queste popolazioni una versione addomesticata e strumentale della nonviolenza stessa.
I testi di Gene Sharp sono lì a dimostrarlo, e quando li si legge si resta turbati dalla spregiudicatezza con cui la nonviolenza viene piegata a scopi eterodiretti e totalmente asserviti a logiche di potere.
(Con la sagacia che lo contraddistingue, il giornalista Marco Travaglio parla in merito di “rivoluzioni spintanee”).
Un altro possibile “giro di vite” è dunque da mettere in conto anche se dovesse verificarsi un’evoluzione positiva della lotta per la libertà e la giustizia: se sarà tale, sicuramente innescherà la controffensiva da parte del potere egemone.
A quel punto, sia in caso di aperta repressione, che di malevole infiltrazioni arancioni, si impone la necessità che la popolazione sappia difendersi, e che sappia distinguere la “nonviolenza” targata CIA da quella che invece tende sempre alla verità, perché dalla verità si genera.
I due scenari che profiliamo vedono alcune strategie simili, necessarie in entrambi i casi del prima e del dopo il “giro di vite”: si noti che non è in questione il “se”, si tratta solo del “quando”. Le azioni e le dichiarazioni di chi ha il potere sono chiare, dal Great Reset che racconta i propri “goals” alla propaganda così controfattuale da risultare trasparente: le nostre società vanno verso la militarizzazione e la riduzione delle libertà.
Data la situazione attuale delle nostre opinioni pubbliche, non è realistico pensare di poter fermare tale tendenza nell’immediato. Si tratterà piuttosto di resistere, di conservare in noi il ricordo di ciò che stiamo perdendo e la facoltà di immaginare un mondo diverso e migliore; e lavorare perché questo patrimonio culturale non vada perso.
Quello che è realistico ipotizzare è una attività nonviolenta che non consenta al potere di dirsi inarrestabile, e alla popolazione di dirsi all’oscuro e priva di strumenti di lotta. Sotto questo ultimo punto di vista, quello degli strumenti di lotta, c’è una differenza tra i due scenari del prima e dopo, che sta nel margine di azione e nella pesantezza delle conseguenze. Nelle prossime parti andremo quindi sul pratico, citando possibili azioni da mettersi in atto prima del “giro di vite”: adesso.
[Continua
“Seconda parte – Immaginare e costruire la lotta.
2.1. Prima della “bomba”: boicottaggio, blocco mirato, demistificazione, guerriglia creativa, affissioni, gruppi locali, volantinaggio e sensibilizzazione mirata”
In preparazione]