Indice delle parti già pubblicate:
1. Prima parte – Situazione attuale
1.3. Cambiamento di status: dal diritto al privilegio
Rispetto al contesto del Novecento, e rispetto al quadro che abbiamo prospettato finora, la situazione attuale è un peggioramento, un’involuzione, ma in questo senso: non tanto per la fine di una civiltà che universale non è mai stata (anche se ne aveva il sogno, la spinta), bensì per il decadimento di uno status: il nostro!, ovvero lo status di “genti civilizzate”, che finora ci ha protetti dall’essere trattati alla stessa stregua delle popolazioni colonizzate.
Chi è stato a Genova nel luglio del 2001, chi in Val di Susa resiste da vent’anni, chi ha operato un’opposizione così efficace da portare lo Stato a spazzarlo via senza tante storie potrà dirci: bella scoperta! Ne siamo consapevoli, tuttavia crediamo che dal 2020 ci sia stato un ulteriore passaggio di livello.
Il problema non è più “solo” che lo Stato confeziona leggi repressive o tenta di violarle a proprio vantaggio, nascondendo il proprio abuso; siamo in un’ordine di idee diverso e più grave.
Non è cosa nuova che dissidenti perdano lo statuto privilegiato di cittadini, lo è il fatto che questo statuto diventa un privilegio tout court, un premio dato a chi si comporta bene (magari con un meccanismo a punti). La cosa ricorda uno scenario sovietico, invece è l’ultima evoluzione di quello capitalista neoliberista. Ed è oggi avallata non solo a livello politico o propagandistico, ma anche culturale: masse di persone dotate di media-alta cultura sono pronte a cancellare loro simili con un frego rosso, in caso di “peccati” come un’opinione dissenziente o una condotta non conforme.
La cessazione dello statuto di cittadino e la disumanizzazione diventano inoltre rapidissime e pressoché indifferenziate: non accadono più in casi specifici, che lo Stato si premura poi di celare e mistificare. Sono diffuse e rivendicate, totalmente alla luce del sole. E possono colpire chiunque.
Colui che ieri era eroe civile dei diritti dei gay può oggi essere tacciato di antisemitismo se critica Israele. Chi è corso a farsi somministrare due inoculazioni diventa “novax” se non vuole farsi la terza (magari perché colpito da pesanti effetti avversi). Ciò che era valido ieri non lo è più oggi: ricordate il carosello delle misure pandemiche? Una parola di troppo, magari compulsata improvvidamente su un social, ti sprofonda nella “casta inferiore”, passibile di linciaggi mediatici, licenziamenti e rovina sociale.
Perdiamo la qualifica ora “privilegiata” di cittadini (di genti con un’anima, avrebbe detto un giurista del XVI secolo?), in virtù del fatto che siamo novax, putiniani, antisionisti (e quindi, secondo la propaganda, automaticamente antisemiti).
Non siamo più nella condizione di cittadini di stati democratici, ma in quella di popolazioni colonizzate, sottoposte a regimi autoritari, vittime di processi culturali disumanizzanti, e non possiamo più ritenerci al sicuro a priori dal treno in corsa o dal poliziotto che svolazzando da un braccio meccanico ci scagli giù da un albero facendoci rompere l’osso del collo. Presto saremo forse al centro del mirino di un drone omicida? Seguendo il filo logico di questo ragionamento, nulla indica che non dovrà essere così.
Cosa abbiamo di fronte oggi, dunque, per una via nonviolenta che speri di essere efficace in qualche modo, non solo nella sfera testimoniale-sacrificale?
[CONTINUA
“1.4 – La via nonviolenta oggi: due scenari”
in preparazione]